IL CAMPUS
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Ore 12.40 sulla strada del ritorno. Il Campus è alle spalle: Aquila1 qui Falco Rosso. Missione compiuta. Rientro alla base.
Tutto a posto? Com'è andata? La domanda è generica e in parte puramente retorica. Non presuppone una risposta. Come il classico "ciao, come stai?" quando si incontra qualcuno per strada; è un intercalare, pura cortesia. Ma chiedere a un podista informazioni sulle sue prestazioni è già di per se rischioso, puro azzardo poi farlo al termine di una competizione quando quello che gli scorre nelle vene è un misto di adrenalina e acido lattico. C'è il serissimo rischio di ricevere un risposta. Una lunga dissertazione su medie, tempi, andature. Minuziose descrizioni del percorso che rasentano i resoconti da GPS, con lunghezza reale o presunta e altimetria. Diagnosi mediche sul proprio stato fisico: dolori, acciacchi, piccoli infortuni con tanto di valori da analisi del sangue e poi ancora oltre fino ad arrivare alla situazione emotiva e sentimentale del momento. Una sorta di autoanalisi, neanche si stesse compilando il modulo del Day-Hospital per essere ricoverati!
Il mal capitato non addetto ai lavori si trova sommerso da informazioni a volte contrastanti... si va beh, ma come è andata? Bene? Male? Io non sfuggo alla media e mi addentrerei nella narrazione epica delle gesta appena vissute. I principali protagonisti di questa domenica si chiamano Asfalto e Caldo. Il Campus è una gara che sinceramente lascia poco spazio alle suggestioni scenografiche e punta molto sulla scorrevolezza di un percorso con saliscendi da interpretare: cavalcavia, sottopassi e un biscotto lunghissimo; stretti tra i palazzi di quartiere e incanalati dai guardrail di Viale Oxford e Tor Vergata, difficile respirare quel senso di libertà che ricerchiamo nel nostro sport. Quel ritorno alle origini che ci ispira questo atto semplice e naturale, qual è la corsa di un bambino o quella di un cane liberato in un prato.
Se il momento dell'allenamento o quello della gara rappresentano per molti di noi un momento di fuga e di stacco da tutto ciò che ci comprime, sembra contradditorio assieparci su strade di quartiere prive di orizzonti aperti. Ma la corsa è di per se un atto intimo, una proiezione del nostro bisogno di muoverci, in fuga o alla ricerca di qualcosa e poco importa dove e come lo si fa. Infatti tutti quelli che mi descrivono il Campus come una gara non-bella sono comunque lì domenica, nonostante il caldo, nonostante l'asfalto. Ci guardiamo all'arrivo con gli occhi arrossati da caldo e sudore; ci si domanda, ci si informa e ci si preoccupa. Ma non c'è bisogno di tante spiegazione quando si vive la stessa esperienza. Anche se certe cose non le racconto, tu credici lo stesso.
"Allora come è andata?", tentenno un momento ma poi mi trattengo... "tutto bene, arrivo tra poco".
Annalisa Gabriele