18 MARZO
L'attesa per una Maratona è qualcosa che monta piano. Il sentore della luce in fondo ad un tunnel, più ci si avvicina più il punto si allarga rischiarando tutto fino a divenire abbagliante e cancellare per un attimo tutto ciò che ci circonda. E' il carico di aspettative, paure e impegno con cui riempiamo i nostri zaini, la somma del sudore speso, dei chilometri fatti e ancora di più di quelli non fatti e di ogni singolo metro percorso prima di arrivare fin li.
18 Marzo: la marea sale piano e noi siamo gocce, siamo bolle, spuma biancheggiante. Siamo l'onda che si infrange quando il cronometro finalmente scatta. Impossibile per me prescindere da questo nel raccontare l'emozione. Per motivarla e in qualche modo giustificarla, perchè riconosco che a volte se ne parli con un'enfasi che può risultare eccessiva. Eppure per tutti è uguale. Sarà il fascino di Roma? Sarà il fascino della Maratona? Sarà lo stoicismo di correre 42 km? Siamo noi. Ciò che portiamo sotto l'arco e che siamo in grado di raccogliere lungo il cammino. Quell'immotivata, irrazionale, incomprensibile passione che ci spinge e ci sospinge. Avanti e solo avanti perché quel passo in più, quella mano stretta in corsa e il sorriso di saluto siano la misura della distanza da percorrere. Siamo il senso stesso e il fine ultimo della nostra partecipazione. Siamo cuori con i numeri, siamo ali con le scarpe, siamo solo sogni e sappiamo correre solo perché sappiamo ancora sognare.
Sola, sotto l'arco, mi sento come Alice nel Paese delle Meraviglie... sto per seguire il Bianconiglio nel buco ai piedi dell'albero senza sapere dove mi porterà. L'adrenalina vale il salto. Temo la distanza, temo il caldo e la sete, il freddo ed i crampi, ma intanto corro. Temo il tempo che sembra non passare, la mia testa che mi dice di smettere, la gamba sinistra e la schiena... ma intanto corro. Il mal di pancia, il fiato corto ed un sorpasso inaspettato, ma intanto corro e ora me ne accorgo, sorrido. Supero i 10 e supero la mezza, supero i 30 ed i 35. Tutto sembra ad un passo, ma tutto è ancora inevitabilmente troppo lontano. Temo il muro, temo la crisi... ma supero il 40° e mentre corro anche l'ultima salita penso che più o meno da qui oltre 3 ore fa sono partita. Tutto è uguale ma tutto ora è diverso. Discesa e continuo a correre. Rallento solo un attimo sotto l'arco di arrivo. Bacio il pugno chiuso. La mia personale dedica perchè questa Maratona non l'ho corsa e non l'ho finita da sola.
Dietro ogni bel viaggio c'è sempre un bel sogno. Grazie a tutti.
Annalisa Gabriele