EROICAMENTE RAMARRI
Come d'abitudine il primo pensiero va a chi mi/ci ha parlato di questa gara, in questo caso Daniela Venanzi, che si è fatta poi la versione bike. Devo dire che già solo l'idea di una gara che si chiamava Eroica e pure si svolgeva in una zona, il Chianti, la cui bellezza (ed enogastronomia) conoscevo bene, mi ha fatto pensare che si prestava perfettamente ad organizzare una bella spedizione ramarra...
La preparazione della Maratona di Firenze rendeva obbligata la scelta della formula a staffetta, che d'altra parte aveva proprio un fascino suo perché permetteva di fare gruppo ancor prima di partire componendo i duetti strada facendo. Insomma, l'organizzazione è stata già metà del divertimento, compresi i reclutamenti dell'ultima ora, quello di Piero Piero, ma anche quello di due "stranieri", Maurizio e Antonio della Podistica, che ci hanno permesso di inaugurare la formula intersocietaria e sono stati una parte fondamentale del gruppo. Il salto di qualità, però, c'è stato quando il nostro amico Marco Dori, reduce da una 100 km non troppo affascinante, ha deciso di "rifarsi le gambe e gli occhi" con la distanza principe dell'Eroica running, i 65 km che percorrono colline stupende (non tutte dolci, però, chiedetelo a Marco o agli staffettisti della seconda frazione) tra campi e vigne della zona di Gaiole in Chianti e dintorni. Ultimo, ma non ultimo, a farci da mascotte c'è Alessio, che si è fatto la corsa sei Santi con la sua mamma e ci accompagna anche in Toscana per tenere d'occhio Robertina... mica che all'ultimo decida di allungare pure lei!
Adesso eravamo davvero pronti a partire. Eccoci allora a guardarci tutti eccitati prima della corsa dei Santi, felici di condividere questi 10 km di riscaldamento con gli amici ramarri prima di prendere la strada per la Toscana, dove arriviamo che è già buio, ma dove l'organizzazione dell'Eroica si dimostra all'altezza: numeri piccoli, è vero, ma efficienza e simpatia (e un bel banco per la vendita di salumi, marmellate e formaggi proprio di fronte al ritiro pettorali!) e la promessa di una gara memorabile. Come ormai tradizione la cena della vigilia prevede carico di carboidrati e integratori non convenzionali, ma siamo tutti stanchi e Marco subisce gli attacchi di febbre e raffreddamento che ci fanno un po' preoccupare per cui a un'ora ancora ragionevole ci salutiamo per prenderci le ore di sonno necessarie, in attesa, noi donne, di ritrovarci per la colazione.
Il gruppo si ricompatta alla partenza, foto di rito poi le staffette si dividono e Marco si unisce a noi della prima frazione. La partenza ci prende di sorpresa, non c'è un vero e proprio start né un tappeto elettronico, ma è un attimo e poi siamo sulla strada, curiosi, eccitati, baciati da un sole che rende la temperatura perfetta per la corsa. Non passa un km che la testa della corsa è costretta a un repentino dietrofront... strada sbagliata, si doveva girare a destra; pazienza, ci facciamo tutti una risata e riprendiamo, consapevoli che questa non sarà una gara come le altre. Non ci sono i km segnati (solo ogni tanto quelli a scalare dell'ultra-maratona, che impensieriscono noi più di Marco Dori...), ma forse non li guarderemmo nemmeno mentre gli occhi si riempiono della bellezza del paesaggio e il ritmo (io e Cristina avevamo previsto di restare sui 6 a km per sicurezza) inconsapevolmente si fa più rapido, come se non sentissimo il peso della gara del giorno passato. Primo ristoro e poi comincia una lunghissima salita, che però affrontiamo senza paure: gli allenamenti del coach Pretolani fanno sentire, almeno per me, il loro valore propedeutico a questa e altre gare, regalandomi il piacere di correre senza timori su per le curve, libera di variare il ritmo e godermi quel che mi circonda.
Arrivata al decimo km mi chiedo se non ho esagerato a indossare le scarpe da semi-trail (con cui per altro mi trovo benissimo anche sull'asfalto), ma è un attimo, all'11 comincia la mitica strada bianca ed è una bella salita faticosa che mette alla prova davvero il fiato e le gambe, ma che affronto di petto, camminando solo per pochi metri. Ci porta fino al castello di Brolio e da lì la seconda parte della gara è un vero piacere, con una parte in discesa e poche salite, tra sterrato e di nuovo asfalto, in cui il piacere di correre (e per i miei standard di correre veloce) è pari solo quello di gustarsi una bellezza in cui mi immergo fino in fondo, i piedi che proiettano il cuore dalla terra al cielo una falcata dopo l'altra. Non siamo tanti, ma io e Cristina continuiamo a farci compagnia, condividendo con poche parole la gioia che proviamo e riuscendo a strappare al fotografo ufficiale un bello scatto insieme. Stiamo già pensando ai nostri compagni che ci aspettano al cambio (e almeno io sperando che Laura opti per una tenuta leggera, non c'è una nuvola in cielo e la temperatura si è alzata), ma a sorprendermi è la vista, qualche centinaio di metri più avanti, dell'alta sagoma del nostro ultra-maratoneta. Sorrido, e non solo perché sono contenta di vederlo correre bene (passerà al cancello dei 21 in meno di due ore), ma anche perché mi fa impressione constatare l'ovvio... e cioè che se io, per stargli dietro o avvicinarmi, devo macinare frenetica i miei passi, lui trotta con passi lunghissimi che esprimono la sicurezza di chi sta facendo proprio quello che gli appartiene... Il piacere della corsa, e della corsa in questi spazi, allo stato puro, una vista che mi fa ringraziare una volta di più di essere qui oggi.
Sono gli ultimi km e mi lancio come una disperata, contro ogni previsione forse ce la faccio a stare sotto le due ore e voglio arrivare al cambio con lo sprint che ho scoperto di possedere (ben nascosto sotto le mie incertezze e i miei dubbi di runner ex principiante). Ci riesco (anche se rischio di sbagliare strada e seguire Marco per l'ultra-maratona...) e mentre vedo Laura aggredire la salita mi dico che è stata una delle corse (prima che gare) più belle che abbia mai fatto, che forse avrei corso ancora pur di continuare a godermi quella bellezza... ma che pure gustarsi un ottimo ristoro con gli amici non è affatto male: pane, vino e zucchero o pane e olio nuovo sono le specialità della casa. Come si fa a dire di no?
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La mia staffetta comincia al km 21 ma in realtà l'avventura è cominciata prima. Mentre gli staffettisti del primo tratto iniziavano la loro corsa, infatti, noi della seconda frazione venivamo trasportati al punto di scambio e il nostro gruppetto viaggiava con un bambino, nel senso che Alessio, vispo nonostante la levataccia, ci seguiva pronto ad accogliere la mamma all'arrivo del suo tratto. La solita attesa pre-gara, quindi, qui si mescola all'ansia di vedere arrivare i nostri compagni. Il progetto di correre un po' tutti insieme sfuma quando i frazionisti arrivano in ordine sparso e allora c'è solo da partire e correre. Alessio, per altro, viene consegnato perfettamente integro alla sua mamma e, anzi, visto che ormai dopo i Santi ci ha preso gusto, fa con lei gli ultimi cento metri... Ci avevano detto che la seconda frazione della gara era la più impegnativa e in effetti inizia subito con una bella salita in strada bianca di 5 km.
Anche se non riesco a tenere dietro al ritmo della mitica Anna, che generosa per un po' mi aspetta, mi ritrovo comunque molto più a mio agio con la salita e lo sterrato di quanto mi aspettassi e arrivo al primo ristoro con un bel ritmo e pronta ad accelerare su un pezzo in asfalto molto tranquillo che quasi subito si trasforma in una discesa vertiginosa... I metri di dislivello dichiarati sono 600 ma capisco subito che c'è da fare su e giù parecchie volte... Nel frattempo la temperatura si è alzata e benedico la decisione di correre solo in canotta, sarà il 2 novembre ma il clima è quello autunnale più dolce e sotto il sole si suda un bel po'. I corridori, non moltissimi, si sono già dispersi per cui la sensazione è di correre quasi in solitaria, sempre in attesa di un cartello che confermi che non hai sbagliato incrocio. Ma è una sensazione bellissima e con la musica nelle orecchie e distese di campi e vigne davanti agli occhi, anche la fatica si fa sopportare ed è quasi benvenuta (bisognerà guadagnarsele in qualche modo le pappardelle al cinghiale che ci aspettano poi), con le gambe e il fiato che reggono anche su quelle salite in cui sei costretto a camminare perché tra la pendenza e i sassi proprio non si può fare diversamente. In realtà anche questi momenti, meno del previsto comunque, sono quasi benvenuti, perché ti godi ancora di più il paesaggio meraviglioso che ti circonda.
Il pezzo più duro è tra l'ottavo ed il dodicesimo chilometro, e poi di nuovo discesa e lì, sentendosi già oltre la metà, ci si butta giù per i tornanti (che nel Chianti esistono solo per le discese, visto che le salite le abbiamo fatte tutte aggredendo bel belli i fianchi della collina diritti per la massima pendenza), come si fa da bambini, senza calcolo e senza risparmio. I ristori, ottimi e abbondanti, sono gestiti da volontari gentilissimi che ti viene da ringraziare ad alta voce. Quasi ti fermeresti cinque minuti a chiacchierare se non ci fosse il Garmin che continua a girare e visto che, sorpresa, forse te la caverai in un tempo dignitoso, bisogna rinunciare ai convenevoli. A tre chilometri da Gaiole l'ultima deviazione ti porta su per una collina nel bel mezzo di una vigna e sentendo il traguardo ormai vicino e le gambe che nonostante tutto hanno ancora qualcosa da dare decido di provare a incrementare il ritmo per non lasciare aspettare troppo i miei amici.
Quasi mi dispiace quando vedo che sono prossima all'arrivo perché raramente ho vissuto una gara con tanta soddisfazione, sentendomi padrona del mio corpo e del mio spirito, in armonia con il creato, lasciandoli entrambi volare al ritmo della musica e quasi vorrei poter prolungare questa sensazione. All'arrivo, però, la vista del resto del gruppo e le grida di incoraggiamento mi fanno ritrovare la dimensione comunitaria di questa avventura. Alla fine non mi devo neppure troppo vergognare del mio tempo e le prospettive per la maratona di Firenze mi appaiono più rosse. Luisa mi dice che sono un po' pallida e collassata e forse ha ragione, ho dato e chiesto a me stessa più di quello che credevo, ma ne è valsa la pena. Quelli che non corrono parlano con una certa incredulità dell'euforia del maratoneta, ma io domenica me la sono sentita addosso tutta ed è una droga buonissima, almeno quanto il Chianti che sta nel pacco gara che ci aspetta.
Appena ristorati ci attende un pranzo di quelli da ricordare, mentre attendiamo che Marco giunga in fondo al suo percorso. Voleva riempirsi le gambe, gli occhi e il cuore per rifarsi di una brutta esperienza e, nonostante la febbre, la missione è compiuta. Gli eroici sono pronti per tornare verso casa, mentre il sole tramonta su queste colline bellissime e già ci scambiamo idee sulla prossima avventura insieme. Mi porto a casa una gran soddisfazione, ma anche e soprattutto la consapevolezza che queste continue occasioni per stupirmi di me stessa sono sì il frutto della testardaggine e della follia mia e di mia sorella (che ci inventiamo una gara per ogni posto che ci piacerebbe visitare), ma anche il regalo di un gruppo di amici con cui anche le imprese più assurde diventano possibili.
Laura e Luisa Cotta Ramosino
3 Novembre 2014