VODAFONE 36th ISTANBUL MARATONU: UN RAMARRO SOLO ALLA CONQUISTA DELLA TURCHIA
Cari Ramarri, per la prima volta mi accingo a raccontarvi una mia esperienza turistico-podistica. Lo faccio probabilmente perché sono ancora particolarmente eccitato dal viaggio e mi scorre l’adrenalina nelle vene e quindi ho voglia di condividere con voi le emozioni provate in questi giorni appena trascorsi. Mi auguro che queste righe possano incuriosire qualcuno di voi e magari portarlo a scegliere Istanbul quale meta della propria prossima maratona.
Per quanto mi riguarda, devo dire la sincera verità: la Turchia non è stata la mia prima scelta… Dopo Roma, nel marzo scorso, decisi che per la mia seconda 42k avrei fatto il grande passo e avrei addentato la grande mela. Non "una maratona" ma "la maratona"! Il sogno di ogni runner... il ponte di Verrazzano, Central Park, Manhattan. Poi, come spesso accade, tra il sogno e la realtà si sono intromessi una montagna di serissimi e concretissimi ostacoli che, alla fine, mi hanno portato ad individuare una meta più abbordabile sia dal punto di vista logistico, che da quello economico. Nello stesso periodo potevo scegliere tra varie destinazioni interessanti: Valencia, Torino… Istanbul appunto.
Non essendo mai stato in Turchia, quest’ultima destinazione mi ha incuriosito subito e, una volta acquisite un po’ di informazioni su internet, mi sono convinto che il ponte sul Bosforo non avrebbe avuto troppo da invidiare a quello di Verrazzano. In effetti è andata proprio così. Con qualche click ho effettuato la registrazione sul sito della “Istanbul maratonu”, ho acquistato il pettorale alla cifra di 20 euro, poi ho prenotato albergo e voli Alitalia ed infine mi sono iscritto su runnersworld.it per creare la mia tabella di allenamento: era agosto... mancavano più di tre mesi ma, a quel punto, era praticamente tutto pronto. Tranne me.
La mia prima maratona era stata una grande emozione ma anche una grandissima sofferenza. L’avevo affrontata senza la dovuta preparazione e l’avevo portata a termine quasi soltanto per forza di volontà. Ricorderò per sempre la crisi profonda dal 35° chilometro e gli ultimi due percorsi a ritmo lentissimo tra dolori e patimenti, insulti e dialoghi sconnessi con me stesso. L’ignoranza si paga e il tempo finale (4h 17m) era impresso sul retro della medaglia a caratteri abbastanza chiari da spingermi a riflettere con calma e ponderazione sul modo più opportuno di approcciarmi alla successiva esperienza simile.
Al caldo di agosto quindi, ho cominciato la preparazione con dedizione e costanza e, giorno dopo giorno, chilometro dopo chilometro, lungo dopo lungo, sono arrivato fino alla scorsa settimana, con la serenità data dall’aver cancellato con la matita rossa ogni casella della tabella d’allenamento. Sventato il rischio di veder saltare tutto per colpa dello sciopero dei mezzi di trasporto, annunciato e poi – per fortuna – posticipato, sono partito alla volta di Istanbul il venerdì pomeriggio e in serata ho raggiunto la città. Prima di andare in hotel sono passato a ritirare il pacco gara ed il pettorale presso il Marathon Expo situato in un modernissimo palazzetto dello sport chiamato Sinan Erden Spor Salonu. La prima impressione che ho avuto di Istanbul è stata senza ombra di dubbio figlia dei preconcetti che avevo in mente rispetto al Paese che stavo visitando: non avrei mai immaginato di trovarmi in una metropoli tanto moderna e scintillante, costellata di altissimi grattacieli di cristallo e illuminata a giorno da centinaia di migliaia di laser e di neon. Chi si aspetta di imbattersi in una realtà povera o rabberciata è certamente fuori strada. Lo sbalordimento iniziale doveva poi aumentare al momento in cui, dai quartieri moderni, sarei passato al centro storico della città. Sultanahmet è la parte più antica e turistica di Istanbul, dove coesistono a poche centinaia di metri, le più imponenti e stupende moschee locali: Haya Sophia, la Moschea Blu, la Moschea del Solimano... soltanto per citarne alcune. Il mio albergo era situato esattamente al centro di tutto e quindi mi ha consentito di raggiungere a piedi qualsiasi meta mi fossi prefissato di visitare.
La sera stessa ho avuto modo di assaggiare qualcosa della famosa cucina turca, anche se la mia preparazione – stavolta – comprendeva anche un bel capitolo sull’alimentazione (specie quella della settimana precedente alla gara) e quindi il “dogma del carboidrato” doveva essere seguito alla lettera. Al momento di ordinare un piatto di pasta, il proprietario del ristorante ha risposto testualmente “tu italiano! Se tu mangi miei spaghetti poi ti arrabbi!” evidentemente memore dei tanti miei compatrioti rimasti scettici di fronte alla collosità della pietanza servita loro. Io non mi sono arrabbiato ma… chi è causa del suo mal, pianga se stesso!
Al mattino del sabato è iniziata la parte turistica del viaggio con la visita della Cisterna romana, delle moschee, dei giardini e del palazzo Topkapi, tutti luoghi storici di grandissimo valore artistico, pregni di un fascino particolare e misterioso. Le strade e le piazze costellate di venditori di caldarroste, di pannocchie arrostite, di spremute di melograno, di pretzel e di dolciumi, sono pulite ed ordinate e sono attraversate da persone diversissime tra loro per cultura e costumi: dall’occidentalissimo colletto bianco, alla donna completamente ricoperta dal burka; dalla manager in tailleur corto al barbuto ottomano in veste bianca. Un’atmosfera di tolleranza reciproca che raramente mi è capitato di scorgere in Italia. Tutti parlano inglese e più d’una volta mi è capitato di sentirmi chiedere se avevo bisogno d’aiuto o se stessi cercando qualcosa in particolare, per il solo fatto di essermi fermato ad un incrocio con la piantina della città in mano. Can I help you? Yes thanks!!
Nel pomeriggio, un giro in battello nel golfo del Bosforo, mi ha portato ad ammirare da vicino la mastodontica bellezza del ponte Boğaziçi Köprüsü che, con i suoi 1.510 metri di lunghezza, permette di collegare l'Europa con l'Asia e sul quale avrei percorso i primi passi della maratona il giorno successivo. Inutile dire che l’emozione mi ha assalito subito e, complice il freddo vento che spirava sul ponte del battello, un leggero tremolio ha pervaso le mie gambe! Si…. Ok possiamo anche definirla fifa!!!! La sera un altro piatto di pasta, stavolta veramente buona, in un ristorantino italiano particolarissimo, arrampicato su una scala a chiocciola minuscola, fin sopra all’ultimo piano di una palazzina azzurra, dove il cuoco proprietario ci sorrideva attraverso i suoi occhialetti tondi alla Groucho Marx e ci raccontava dei vent’anni passati a Novara ad imparare a cucinare ed a vivere all’italiana.Un salto in un mini market per acquistare qualcosa per la colazione e l’immancabile Ritter Sport (stavolta in versione turca) per il dopo gara, e poi subito a nanna.
La sveglia ad Istanbul è inutile perché, alle sei meno un quarto, parte il canto del Muezzin con le sue litanie a mille decibel dalle torri delle moschee. Stavolta però ero già sveglio e mi preparavo per uscire ed affrontare il giorno più bello e più intenso del viaggio: la mia maratona!
Dalla piazza centrale partivano la maggior parte dei runners e quindi l’organizzazione aveva predisposto un efficiente servizio gratuito di navette per trasportarci al punto di partenza della gara: il Ponte sul Bosforo. Il tragitto in autobus mi ha fatto prendere coscienza delle pendenze che avrei incontrato lungo il percorso ma, al momento in cui si sono aperte le porte pneumatiche con uno sbuffo d’aria compressa, lo spettacolo del Ponte si è rivelato in tutta la sua grandezza e mi ha fatto dimenticare ogni preoccupazione. Sono stato pervaso da una eccitazione immensa e da una energia incredibile. Intorno a me tantissimi italiani (alcuni dei quali riconoscevano la canotta ramarra e mi salutavano incitandomi) e molti atleti da ogni parte del mondo. Un’atmosfera cosmopolita e gioiosa che solo le grandi manifestazioni internazionali possono garantire.
Mi stupisco ogni volta della “fratellanza” che si prova alla partenza di una maratona: gente di tutto il mondo, accomunata da una follia, da una lucida perversione, dalla consapevolezza che lo sforzo che stanno per affrontare, la dimostrazione di forza, porterà una grande gioia. Ecco, la maratona, in sintesi, è forza e gioia. Allo sparo siamo partiti ed abbiamo attraversato il ponte guardando a destra e a sinistra il golfo del Bosforo, con l’espressione rapita, stupita ma concentrata. Il percorso poi, costeggiando il mare nel quartiere di Beyoglu, attraversava un altro ponte, quello di Galata, per raggiungere la zona di Fatih, poi Eyup, quindi il lungomare fino a Bakirkoy per poi tornare indietro a Sultanahmet.
La mia gara è stata tranquilla e il mio passo regolare come da tabella di allenamento e, nonostante la pioggerellina che spesso cadeva sulla mia testa, ho potuto ammirare la città che mi circondava e gli strani personaggi che costellano ogni maratona: dalla donna pesce vestita interamente di calzamaglia rosa a squame, al runner Flintstone che correva al grido di “yabadabadoo”. Intorno al 30° chilometro però, ho avuto un imprevisto ed ho dovuto necessariamente fare una sosta in un bagno chimico (incredibilmente pulito e dotato di carta igienica... forse perché al 30° km non si ferma proprio nessuno...) perdendo tre minuti buoni. La cosa più difficile è stata ricominciare a correre allo stesso ritmo di prima, dopo la sosta obbligata. Le gambe all’inizio sembravano essere diventate di legno e le ginocchia non volevano più piegarsi. Poi, per fortuna, sono riuscito a “prendere la scia” di un italiano conosciuto alla partenza, che mi ha aiutato a riprendere il ritmo.
Gli ultimi due chilometri erano in salita. Dal lungomare fino alla Moschea Blu, dove era posizionato l’arrivo, c’è un bel dislivello e percorrerlo al 41° e al 42° è una discreta impresa. Ma gli incitamenti degli spettatori e la vista della linea d’arrivo in lontananza sono sempre uno stimolo incredibile, unitamente al fatto che il mio orologio mi dava la speranza di poter arrivare al traguardo in un tempo eccezionale addirittura inferiore alle 3 ore e 40 minuti... soglia che nemmeno nei miei sogni più arditi avrei immaginato di varcare. Eppure al traguardo avevo ancora forza per urlare tutta la mia gioia incontenibile!! 3 ore 39 minuti!!! Quasi sovrumano!! Solo in un secondo momento mi sono reso conto che il mio orologio aveva lo stop and go impostato e, quindi, nei fatidici tre minuti “fecali”... si era automaticamente messo in pausa, per ripartire appena finito... dimenticandosi di quei 180 secondi che, invece, non sono sfuggiti ai cronometri ufficiali della Vodafone 36th Istanbul Maratonu, i quali si sono fermati sul 3h 42m 23s, comunque di tutto rispetto! Un miglioramento di oltre mezz’ora rispetto alla mia prima maratona! La gioia all’arrivo è stata incontenibile e anche il quadrotto di Ulker Cikolata si è dimostrato assolutamente all’altezza del più blasonato Ritter Sport!
Nel pomeriggio mi sono premiato con un ricchissimo piatto di carni miste locali e con un bagno turco più massaggio con schiuma e scrub in un hammam antichissimo vicino alla moschea del Solimano. La sera alle 20 ero già a nanna, distrutto dalle fatiche e dalle emozioni del giorno. Il lunedì mattina ho potuto visitare il Gran Bazar con i suoi 4 mila negozi, acquistare qualche souvenir e dare un ultimo saluto al Bosforo prima di tornare in aeroporto verso casa.
Ciò che mi rimane di questo viaggio è sicuramente una consapevolezza diversa di ciò che è la Turchia oggi e di quanto fossero assurdamente stereotipate le idee che avevo in proposito di quei luoghi. Mi resta anche una considerazione nuova di me stesso e della forza che ho dentro. Dei risultati che posso raggiungere con costanza e dedizione. E ora lo sguardo è alla nuova avventura. Alla prossima sfida. Ad una nuova tabella d’allenamento. Forza e gioia. Di nuovo.
Giampaolo Salulini
19 Novembre 2014